L’obiettivo della “città a 15 minuti”

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Quale è il senso vero dell’odio per il mezzo privato a motore? Quale è l’obiettivo vero dietro alla sbandierata “città a 15 minuti”? Le due cose sono collegate?

Una caratteristica propria della sinistra al potere in questi ultimi decenni è l’estrema abilità a dissimulare i suoi veri scopi con una narrativa suadente e seducente, frutto dall’esigenza di dover ottenere il consenso popolare per progetti in realtà totalmente antipopolari, ovvero totalmente rivolti contro gli interessi della gran parte della popolazione. Poiché sarebbe quindi impossibile ottenere un consenso consapevole dell’opinione pubblica, la strategia è quella di ottenere un consenso senza consapevolezza.
Puntando sul fatto che la maggior parte della gente è più portata a porre l’attenzione sugli effetti immediati che non su quelli a medio e lungo termine, si associano obiettivi inconfessabili e del tutto svantaggiosi a lungo termine per la larga maggioranza dei cittadini con misure che promettono di garantire un vantaggio immediato a tutti o quasi. Quando gli effetti veri, quelli voluti da chi decide gli interventi, si faranno sentire, sarà passato troppo tempo perché la maggior parte dei cittadini li associ a tali interventi e sarà facile dare la colpa a qualche altro fattore che in realtà non c’entra nulla. Anzi, grazie a questo meccanismo, tale tecnica può venire applicata ad ogni nuova situazione, senza che ciò comporti un’opposizione rapidamente crescente.

Uno dei parametri considerati chi deve comprare casa è la “bella zona”. Una bella zona è tipicamente definita da una parte dagli edifici che la occupano, dall’altra dal tipo di gente che vi abita e che la frequenta. Se la tipologia e la qualità delle costruzioni presenti non cambia molto rapidamente, ci vogliono decenni perché una certa zona cambi il suo aspetto da questo punto di vista, molto più velocemente può cambiare chi vive e o si trova a frequentare un dato quartiere. In particolare, a poter cambiare più rapidamente è la gente che frequenta una data parte della città senza abitarvi. La comparsa di determinate attività commerciali può modificare in maniera radicale e nel giro di pochi anni il tipo di persone che si possono incontrare più frequentemente, cambiando drasticamente la percezione della “qualità” di una zona.

Questo perché, se ci vogliono anni perché gli edifici si modifichino e tempi simili perché cambi chi vi abita, non ci vuole niente perché gente che abita da tutt’altra parte si sposti transitoriamente ma ciclicamente in una determinata zona perché attirata da determinati negozi o locali.

Chi abita in una “bella zona” ha quindi tipicamente da sempre la preoccupazione che la zona “vada giù” per colpa dell’apertura di attività che attirano “brutta gente”!

Come ovviare a questo problema?

Va sottolineato un aspetto importante: ogni attività sopravvive se raggiungibile dal suo pubblico di rifermento. Se ciò non è il caso l’attività in questione non si mantiene e scompare, smettendo così anche di essere un attrattore per il tipo di gente per la quale è di interesse.

Impedire che in una “bella zona” (abitata da “bella gente”) si insedino attività che attirano “brutta gente” è allora molto facile, anche senza dover ricorrere ad una stretta selezione delle licenze concesse, misura che potrebbe risultare politicamente imbarazzante: basta fare in modo che chi abita in “brutte zone” non riesca a recarsi nelle “belle zone” (se non occasionalmente, quando può fare comodo)

Cosa significa città 15 minuti se non il fatto di essere relegati a vivere nella propria zona, così da non sconfinare dove non si è benvenuti?

Ecco quindi il vero senso della sbandierata “città di prossimità”: impedire che “belle zone” non siano invase da gente non consona al livello del quartiere!

Ovviamente nessuno lo dice, ma nemmeno viene spiegato esplicitamente il significato nel concreto di “città a 15 minuti”! Quello che viene fatto credere sono immagini vaghe e generiche di una Milano simile ad una cittadina della riviera, in modo che ognuno tenda ad andare ad un qualche ricordo piacevole di vacanze al mare durante le quali non erano necessari altri spostamenti che quelli per andare in spiaggia di giorno e al bar con gli amici la sera. Come poi un tale tipo di vita possa venire ricreato, nel concreto, a Milano è un aspetto del problema che viene mai preso in considerazione. Ed è ovvio che ciò non avvenga. Perché significherebbe far cadere l’illusione!

Riassumendo: città a 15 minuti non non è altro che una bella espressione per città divisa in ghetti. Alcuni ben serviti, altri lasciati allo sbando più totale, salvo qualche attività di volontariato che va a coprire le esigenze più basilari di alcune categorie di persone, o in alternativa servizi a pagamento.

A questo punto è facile capire da dove nasce l’odio contro l’auto. L’auto è infatti il mezzo che più di tutti garantisce libertà di spostamento, per andare ovunque, in qualsiasi orario e con qualunque tempo.

Solo l’auto permette di spostarsi agevolmente da un quartiere all’altro anche alle donne sole, anche quando piove o fa freddo, magari anche fungendo da occasione di socializzazione e aggregazione, dato che spesso capita che chi ha la macchina dia un passaggio a chi ne è privo.

Tutte le alternative non offrono lo stesso grado di libertà e comodità:

  • La moto garantisce massima libertà, ma non protegge dalle intemperie e permette di dare passaggi al massimo ad una persona.
  • La bicicletta offre solo di andare un po’ più veloce che a piedi ma con tutti i medesimi svantaggi con in aggiunta il grosso problema di ricoverare il mezzo a casa o a destinazione, in quanto soggetto a furti.
  • I mezzi pubblici in certi orari comportano lunghe attese, sono insicuri e dopo una certa ora spesso non sono disponibili (ricordo che è questo il motivo per cui la metropolitana chiude alle 24.00/24.30: impedire la libera fruizione della città, e in particolare del centro, dopo una certa ora)
  • Il car sharing non dà garanzia di disponibilità ed è caro.

Per garantire che chi abita nelle “zone bene” della città possa godersi in quasi completa esclusiva o quasi la sua zona basta perciò agire solo sull’accesso alle auto. Impedito quello, le attività con un pubblico di rifermento proveniente prevalentemente da fuori zona avranno abbastanza difficoltà a sopravvivere da essere un po’ per volta destinate a venire soppiantate da attività basate unicamente sulla gente del quartiere (la “bella gente”, che così non rischierà di trovarsi intorno “brutta gente” se non addirittura i famosi “giargiana” dell’hinterland resi famosi dagli sketches del Milanese Imbruttito, ormai ridotto a megafono al servizio della giunta ).

Si può affermare che l’inibizione della libera circolazione delle automobili è condizione necessaria e sufficiente per creare una una città ghettizzata, senza la necessità di barriere esplicite come mura o recinzioni così da salvare le apparenze (che, ovviamente, devono essere “democratiche”).

Prossimamente vedremo come questa chiave di lettura permette di spiegare anche le modifiche sciagurate che la giunta ha attuato e vorrebbe attuare in corso Buenos Aires e piazzale Loreto.

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