La favola delle ciclabili all’estero non funziona

Bici abbandonata

Con la scusa del Covid la giunta Sala ha riempito Milano di piste ciclabili.
La spiegazione ufficiale è stata che a causa del virus si è dovuta ridurre di molto la  capienza dei mezzi pubblici, quindi sarebbe stato opportuno offrire la possibilità di utilizzare come alternativa la bicicletta, per evitare un aumento insostenibile del numero delle auto in circolazione.

Il ragionamento in Aprile, con la bella stagione alle porte, poteva sembrare (sembrare e basta, però) avere un qualche senso, è evidente che in inverno tutto ciò non ha più alcun senso. Chi potrebbe considerare una buona idea fare ogni giorno molti km in bicicletta per andare e tornare dal lavoro in inverno quando è buio, fa freddo, piove, tira vento o magari peggio? Solo chi sa che lui non dovrà farlo, ovviamente!

Le piste ciclabili in questione, spesso realizzate su assi viari di grande importanza, sono state realizzate in modo improvvisato e senza rispettare il codice della strada (manca il regolamento attuativo del Ministero dei Trasporti, ndr). La loro realizzazione ha comportato la perdita di un’intera corsia per senso di marcia e/o centinaia di posti per parcheggiare.

Le corsie ciclabili realizzate in viale Monza, corso Venezia e molte altre importanti strade stanno creando enormi disagi ai cittadini che devono spostarsi in auto o in moto/scooter. Le condizioni climatiche non sono più adatte ad un uso prolungato della bicicletta, quindi le corsie ciclabili andrebbero smantellate per permettere lo spostamento con mezzi più consoni.

La giunta e la maggioranza che la sostiene sono riuscite a fare passare il messaggio che le corsie ciclabili rappresentano un progresso irrinunciabile, a cui non si ci può opporre, e che questa impostazione sarebbe condivisa da tutte le città più avanzate. Non si torna indietro! Non manca la stigmatizzazione e la presa in giro di chi chiede un ritorno alla situazione precedente, sicuramente più adeguata a una città come Milano.

Ma è veramente così? Assolutamente no!
Basta conoscere qualche lingua straniera e fare qualche ricerca on line per scoprire che in molte città europee (e non solo) le piste ciclabili improvvisate realizzate con la scusa del covid hanno provocato forte scontento e perfino proteste. E che in molti posti si è già deciso di smantellarle in quanto ormai ritenute dannose.

Cercando in tedesco, ad esempio (nota: nei paesi di lingua tedesca le piste ciclabili realizzate prendendo il covid a motivazione sono dette piste pop up):

  • Wiener Zeitung, 07/05/2020: Le piste ciclabili temporanee a Vienna incontrano resistenze : La programmata creazione della prima pista ciclabile pop up viennese ha destato le proteste da parte di ÖVP è FPÖ che hanno definito le piste pop up progetti ideologici e chicane per le auto. Il responsabile per la mobilità dell’ÖVP ha protestato che la crisi covid non può essere un pretesto per progetti ideologici e soluzioni affrettate. Un’altra esponente ha dichiarato che una importante arteria è stata ristretta senza necessità. Anton Mahdalik dell’FPÖ ha criticato la SPÖ e il sindaco Ludwig per cedere sempre alle richieste del vicesindaco verde.
  • WienORF.at, 08/06/20: Arriva una nuova pista pop-up – Proteste: Vienna, la creazione di una seconda pista pop up provvisoria (fino a settembre) nel secondo distretto di Vienna ha provocato scontento e anche proteste. Un rappresentante dell’opposizione l’ha definita una beffa per gli automobilisti e una chicane per le auto. Lo stesso per la creazione di un’altra pista pop up nel 22esimo distretto, che un rappresentate della SPÖ ha detto essere stata fatta solo per ostacolare il traffico delle auto.
  • WDR, 15/06/20: Pista ciclabile pop-up a Düsseldorf: residenti e automobilisti sono furenti: A Düsseldorf il Comune ha trasformato una corsia della strada lungo il Reno, molto utilizzata, in pista ciclabile pop up. Essa è provvisoriamente riservata ai ciclisti nei fine settimana e in estate. Gli automobilisti e i residenti non sono contenti della decisione. I primi perché la modifica ha portate a code e rallentamenti, i secondi perché affermano che la pista pop up crea situazioni pericolose, con bus e camion che tendono ad invadere la corsia in senso contrario per scansare la pista e perché si creano difficoltà a raggiungere le abitazioni. Inoltre i mezzi di soccorso e quelli dell’agenzia per la raccolta dei rifiuti potrebbero non riuscire a raggiungere le case.
  • RP on line, 18/06/20: La pista ciclabile pop-up può rimanere dopo una decisione risicata del consiglio comunale.: A Düsseldorf una maggioranza risicata in consiglio comunale ha stabilito che l’esperimento della piste ciclabile pop up nella Cecilienallee a fianco del Reno deve continuare. Niklas Götzen, che pure è un amante della bicicletta e la usa abitualmente, sta però raccogliendo firme contro tale pista ciclabile, in quanto i ciclisti avrebbero già altre alternative valide e inoltre la pista sarebbe fatta in modo tale da creare pericoli per tutti i frequentatori della strada, a causa dell’impostazione errata e della segnaletica inadeguata. Anche il candidato sindaco della CDU è della stessa idea.
  • Frankfurter Allgemeine Zeitung, 07/09/20: Corte: le piste ciclabili pop-up sono illegali: Il tribunale amministrativo di Berlino ha stabilito che le piste ciclabili pop up vanno eliminate in quanto non a norma. Strutture di questo tipo sono infatti previste solo quando sono essenziali per motivi di sicurezza. La motivazione che in epoca di pandemia fosse necessario allestire percorsi temporanei aggiuntivi per le biciclette è stata valutata come insufficiente. I verdi fautori delle piste pop up sono stati accusati di voler sfruttare la pandemia per imporre la loro politica viabilistica attraverso fatti compiuti. La decisione del tribunale è stata salutata da chi ha richiesto il suo intervento come una vittoria della mobilità individuale contro l’odio verso le auto. La sentenza comunque non è contro le piste ciclabili in quanto tali ma solo contro l’insufficienza di motivazioni viabilistiche. Inoltre la sentenza è passibile di appello presso il tribunale amministrativo superiore e quindi non è ancora attiva.
  • Die Zeit, 07/09/20: Il coronavirus non giustifica le piste ciclabili: L’obiettivo vero della creazione delle piste pop up era quello di sfruttare l’emergenza covid per creare rapidamente strutture che una volta presenti sarebbero state trasformate in permanenti. Il tutto con con il fine di espellere ulteriormente le auto dalla città. A Berlino il tribunale amministrativo ha capito i trucco e ha imposto lo smantellamento delle piste pop up. L’amministrazione ha sfruttato la pandemia per ottenere facile riconoscimento presso la lobby pro bici, I cittadini non sono stati però interpellati nè si sono analizzati i benefici di tali strutture prima di dichiararle una soluzione stabile. Si è trascurato il fatto che tante persone sono passate dal trasporto pubblico all’auto e che i mezzi a motore sono comunque essenziali in una città, ad esempio per rifornire i negozi. La cultura pop-up dell’era coronavirus viola un principio importante: l’azione delle autorità deve rispettare leggi e regolamenti adottati politicamente e non deve seguire desideri politici a breve termine.
  • Hallo München, 28/10/20: Le piste ciclabili pop-up a Monaco saranno abolite – il sindaco Habenschaden trova parole chiare: La città di Monaco ha deciso contro le piste ciclabili pop-up. Con questa decisione, le rotte esistenti verranno smantellate il 1 ° novembre. Ciò malgrado il parere diverso del sindaco.
  • Stuttgarter Zeitung, 26/11/220: La pista ciclabile pop-up sul Theo è storia: Stoccarda, Una delle due piste ciclabili pop up create a Stoccarda in Giugno, con un investimento di 130.000 Euro, è stata eliminata fra il 17 e il 20 Novembre. Il motivo, secondo l’assessore al traffico, è  che una pista così larga ostacolava troppo il flusso veicolare, specie quello dei mezzi pubblici. D’altro canto in estate è stata utilizzata in maniera significativa e quindi l’assessore si è dichiarata soddisfatta dell’esperimento. E’ tornata quindi attiva la via ciclabile già esistente in precedenza.
  • Mobil in Deutschland e.V.: La città di Monaco ha deciso: le piste ciclabili pop-up verranno rimosse. La ragione vince sull’ideologia: Le piste ciclabili pop up introdotte a Maggio in cinque strade, e destinate a venire mantenute fino a fine ottobre, sono state smantellate come previsto, benché i Verdi chiedessero un prolungamento del periodo o addirittura il loro mantenimento definitivo. L’Automobilclub Mobil in Deutschland e.V saluta con favore la decisione presa. Il 6 ottobre aveva scritto al sindaco sollecitando la rimozione delle piste pop up in quanto del tutto ingiustificate rispetto alla situazione attuale, allorché con l’arrivo dell’inverno il numero dei ciclisti diminuisce mentre quello delle auto aumenta. Esse tolgono spazio alla circolazione veicolare e a loro presenza è fonte di lunghe code e di maggiori emissioni inquinanti. La verità è che ai verdi sostenibilità e politica ambientale non interessano, interessa solo buttare fuori dalla città le auto. Solo che non hanno il coraggio di dirlo apertamente. Si pensa che in primavera i verdi torneranno a proporre le piste pop up ma l’auspicio è che esse rimangano d’ora in poi confinate nella storia.

In inglese sul web si legge:

Dopo avere fatto una ricerca piuttosto semplice, possiamo senza dubbio affermare che la storiella che ci viene continuamente raccontata sul mito delle ciclabili all’estero in città prese ad esempio come più avanzate della nostra bella Milano sia una narrazione del tutto inventata. Anche all’estero, forse più che in Italia, ci sono realtà in cui la popolazione esprime dissenso, altre in cui addirittura i giudici chiedono la cancellazione delle ciclabili.

Questo ci conforta e ci fa capire come le nostre proteste, i nostri rilievi sulla inutilità di questa estremizzazione sulla città “lenta”, non siano pretestuosi ma basati su motivazioni condivise in tutta Europa e perfino nel verdissimo Canada.
Questa cronaca delle proteste all’estero non passa sui giornali nostrani, non filtra sui social italiani. Noi di muoverMi, abituati a cercare nei fatti e nei dati le nostre motivazioni vogliamo che siano posizioni note a tutti, che contribuiscano a formare una coscienza del fatto che anche a Milano si è andati oltre le reali necessità di mobilità “dolce” e che si sta agendo per puro furore ideologico.

Non mancheremo di mostrarvi alcune indagini e ricerche del The Guardian sulle piste ciclabili di Londra. Gli articoli del serissimo e noto quotidiano conservatore sono sotto paywall, ma cercheremo di tradurli prima possibile.

Detto questo noi ci chiediamo perché in Italia le proteste non hanno spazio sui maggiori quotidiani? Perché nessuno a parte noi non fa presente che all’estero la situazione non è esattamente tutta rose e fiori?
Non capiamo se l’attuale opposizione è troppo pigra per organizzare qualcosa di più concreto, oppure sono i cittadini ad essere troppo passivi rispetto alle decisioni autoritarie della Giunta. O sono le due cose insieme, con la gente che è sfiduciata perché non trova referenti credibili a livello cittadino e i politici che non si attivano perché temono di rimanere senza sostegno popolare, non cogliendo il disagio reale di una popolazione sempre più divisa tra coloro che subiscono e coloro che possono permettersi di pagare per sottrarsi a queste restrizioni alla mobilità che ci vengono imposte dall’alto.

Una cosa è certa: noi di muoverMi ci proponiamo di essere molto più incisivi e combattivi degli altri perché siamo milanesi che amano Milano, perché siamo contrari a politiche classiste e regressiste, perché crediamo che la transizione ecologica passi attraverso investimenti sulle infrastrutture e i trasporti pubblici e non attraverso divieti e costrizioni che mettono in ginocchio sia i cittadini che l’economia locale.

La svolta green è sicuramente auspicabile, ma non si realizzerà attraverso l’accanimento contro una fonte che incide in modo marginale sull’inquinamento cittadino e soprattutto senza limitare la mobilità e la libertà dei cittadini come previsto dalla visione distopica della “città a 15 minuti”. Gli investimenti devono essere pubblici e volti a favorire i ceti meno abbienti e non con i costi scaricati sulla cittadinanza e soprattutto sulla provincia che non ha più alcuna rappresentanza politica nella gestione di Città Metropolitana.

Il prossimo passo della attuale giunta sarà riempire le strade cittadine ed extraurbane di Velox e Tutor, perché nonostante i proclami Milano è una città vorace che ha bisogno di risorse finanziarie e se ideologicamente si combattono le auto, è solo per avere un pretesto per tartassare i cittadini e costringerli a una immobilità che non permetterà alla città di crescere né culturalmente, né economicamente. Questa Milano punta ad espellere i milanesi meno abbienti dalla città per meglio tartassarli quando verranno a portare il loro lavoro e le loro spese in ambito cittadino. Non si costruirà una città resiliente, ma una città succube delle smanie di protagonismo della giunta, sempre più esposta al degrado e all’esclusione sociale dei meno abbienti e degli anziani.

Volete davvero lasciare ai vostri figli una Milano che non offre opportunità? Ridotta a borghi in cui non c’è futuro ma solo una visione ideologica basata sulla decrescita, su un piccolo commercio di prossimità e grandi player del web che occuperanno le strade con i loro furgoni a discapito delle vostre auto, al delivery in bicicletta e a un turismo che crolla in un attimo alla prima pandemia? Davvero voi pensate che se le aziende non torneranno ad avere i lavoratori in presenza i dehors che levano parcheggi e le strade a 30 all’ora salveranno i nostri ristoratori, i nostri negozi, le nostre attività? Ebbene scordatevi una Milano capitale economica d’Italia perché con questi presupposti il declino è inevitabile. No, non verremo salvati dalle biciclette. All’estero se ne sono già accorti, noi a Milano non possiamo rischiare di accorgercene quando sarà troppo tardi.

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