Qualche giorno fa il Corriere della Sera ha dato spazio ad una nuova delirante proposta per la nostra Milano. Si chiama Mimo e ha la pretesa di collegare Milano a Monza attraverso una pista ciclabile. Bello? Sì, sulla carta, finchè non andiamo a vedere come intendono farlo. Al modico costo di dieci milioni di euro (preventivati…) si intende pedonalizzare tutto Viale Sarca, togliendo ovviamente parcheggi e possibilità di transito ai residenti.
Dicono che cambierà la vita ad almeno 75.000 persone. In peggio, aggiungiamo noi.
L’incubo della MIMO
Si tratta di un vero incubo di ideologia eco-radicale che priverebbe migliaia di residenti dell’accesso alle proprie abitazioni, congestionerebbe all’inverosimile Viale Fulvio Testi e soprattutto decreterebbe la fine di tante piccole attività commerciali della zona. Non contiamo i problemi dei pendolari che secondo gli illuminati di Bikenomist abbandonerebbero l’auto a favore della bicicletta, solo perché gli fai una strada ciclabile sotto il naso senza minimamente considerare le esigenze di trasporto di ogni singolo cittadino.
Le posizioni degli intransigenti
A sostegno delle astruse motivazioni in merito alla estromissione delle auto, Paolo Pinzuti fa il solito e stantio paragone con Oslo dove la mobilità elettrica la farebbe da padrone. Non solo si paragona una città con la metà degli abitanti di Milano, ma con una densità abitativa di ben sette volte inferiore. Un esempio che non sta in piedi. Gli eco-radicali prendono anche spunto da un annuncio di Ikea che vorrebbe aprire un nuovo punto vendita in Austria in zona centrale senza parcheggi (Leggi QUI).
Ebbene a parte che si tratta di un esperimento che al momento è solo sulla carta, ma i simpatici sostenitori delle soluzioni eco-radicali dimenticano di ricordare che le consegne andrebbero comunque fatte, Di certo sarebbe impossibile farle con camion super ecologici o addirittura in mobilità elettrica. Come al solito guardano il dito e non la luna e fanno esempi campati in aria giusto per portare acqua (poca e inquinata ideologicamente) al loro mulino.
Le conclusioni
L’aspetto più grottesco di questa ciclo-pedonalizzazione di una arteria importante come Viale Sarca è che elimina anche il passaggio di mezzi pubblici di superficie, Un regresso totale senza se e senza ma che costringerebbe i residenti ad improbabili soluzioni. Immaginiamo il Sig. Rossi che ha una macchina appena acquistata, perfettamente funzionante e in regola con le ultime restrizioni alla circolazione. Che dovrebbe fare? Sotto casa o nel suo box non potrebbe più parcheggiarla, dovrebbe parcheggiare a chilometri di distanza perché la via dove risiede è regredita al 1800, ma senza nemmeno i calesse. Non stiamo nemmeno ad evocare situazioni più drammatiche come la presenza in casa di disabili o di anziani con mobilità ridotta, non è necessario per affermare senza timore di smentita che l’esproprio ideologico di una strada è un fatto grave che limita pesantemente la libertà individuale di movimento.
Fonte: Il Corriere della Sera, 23-02-2020