La partecipazione millantata

Partecipazione digitale

Il 24 aprile il Comune di Milano annuncia in maniera roboante l’apertura di un processo di consultazione dei cittadini per chiedere pareri sul suo documento “Milano2020”, un evanescente “progetto per la ripartenza” dopo la pandemia.

La fretta è cattiva consigliera e nella foga del “mostrare di fare qualcosa” prima di altre amministrazioni e nonostante fosse stato altrimenti consigliato da esperti del settore, il Comune ha voluto mettere in piedi un “processo di consultazione cittadina” alla bell’e meglio scegliendo proprio la strada meno partecipativa.

Una consultazione che raccoglierà pareri fino a fine Maggio su un documento programmatico rilasciato dal comune che prevede tra le altre cose la realizzazione di piste ciclabili con lavori che partono immediatamente come dichiara l’assessore Granelli in un video postato il 29 Aprile su Facebook. I responsi si presume arriveranno a Giugno, cioè a lavori già parzialmente completati, quindi si fa davvero fatica a capirne l’utilità e soprattutto a capire a cosa servono suggerimenti a lavori già decisi ed effettuati. Insomma sa un po’ di presa per il naso, un volere mostrare a tutti i costi qualcosa che nei fatti non è.

La pagina “partecipativa” del comune di Milano, con tanto di spot di Sala

Oggi qui muoviamo una critica al processo, successivamente analizzeremo le pericolose (per la città di Milano) intenzioni della Giunta.

La “consultazione” cittadina del Comune di Milano, contrariamente ad ogni buona pratica corrente, viene realizzata attraverso la compilazione di modulo via web: bisogna prima compilare un pre-modulo in cui si forniscono alcuni propri dati (nome, cognome, email) e successivamente si riceve via email un token (un gettone) per poter poi sottomettere (verbo che non usiamo a caso) i propri suggerimenti all’amministrazione comunale. Il token permette l’accesso ad un secondo modulo web in cui inserire i propri suggerimenti alle varie sezioni del “piano per la ripartenza”. Probabilmente un cittadino può richiedere più token per proporre man mano che gli vengono idee, ma non è dato sapere, nemmeno questo è trasparente.

Le buone pratiche correnti nell’ambito della Cittadinanza Digitale vorrebbero che una consultazione seria fosse fatta in maniera trasparente e pubblica, tipicamente attraverso un sito web dedicato (esistono strumenti creati all’uopo, come DECIDIM) in cui ogni cittadino può collaborare con altri alla preparazione e affinamento dei suggerimenti, dei progetti e delle proposte.
Tali strumenti sono collaborativi nel senso che permettono ad ogni cittadino di vedere lo stato delle cose in ogni istante: quali proposte sono state fatte e quali commenti hanno ricevuto le singole proposte, in modo da non ripetere le stesse cose e da affinare quelle già presenti.
Inoltre un sistema come Decidim in particolare, non ammette censure: anche le voci contrarie alle intenzioni dell’amministrazione sono pubbliche e hanno la stessa dignità di quelle a favore.

La home page di DECIDIM, la migliore piattaforma partecipativa disponibile

Decidim è una piattaforma software relativamente recente, libera (nel senso del Software Libero), progettata per supportare tutti i processi partecipativi digitali come le petizioni, i bilanci partecipati, le elezioni, la pianificazione delle attività cittadine, la scrittura collaborativa di leggi, le votazioni, ma anche le assemblee (quindi supportando la gestione degli interventi e delle domande). La community di Decidim ha pubblicato un importante contratto sociale basato sulla trasparenza totale dei processi (dallo sviluppo alla gestione delle istanze della piattaforma da parte delle amministrazioni). Attualmente è il top player dell’ambito e-democracy ed è stato adottato da molte amministrazioni pubbliche (ad esempio la Città di Barcellona e di Helsinki) ed enti vari come il Quebec e l’Università di Bordeaux (QUI l’elenco completo di chi già usa la piattaforma Decidim).

Insomma, un sistema moderno come Decidim fornisce ai cittadini, attraverso una totale trasparenza del processo, il polso della città.

Cosa che il Comune di Milano ovviamente non si può permettere.

E quindi cosa fa? Chiede contributi attraverso un modulo web così ogni segnalazione può essere accuratamente vagliata e cestinata se scomoda.

(2) Commenti

  1. Pingback:Le ciclabili distopiche di Maran | muoverMi

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